Impossibile resistere alla tentazione di leggere questo libro dopo averne intuito la trama dalla quarta di copertina: la "Storia di un corpo" è il diario di un uomo, tenuto dall'infanzia fino alla morte in età avanzata, osservando e annotando i cambiamenti, le gioie e i dolori del proprio corpo. Non parlando della propria vita, ma solo del corpo fisico.
Le prime pagine sono fulminanti, ti fanno sentire odore di piccolo capolavoro, di gioiello che terrai spesso a portata di mano per rileggerlo. Subentra poi una certa stanchezza, un'appena accennata ripetitività di temi e espedienti letterari che mette in crisi il lettore e lo costringe ad andare avanti solo per affetto dello scrittore. La seconda parte del testo risorge, sontuosa come un dettaglio che colpisce e stupisce, fino a concludersi in un crescendo di ansia e di compartecipazione.
Questo romando di Pennac, scritto in forma di diario, credo che sarà apprezzato solo da chi qualche anno sulle spalle ce l'ha, cioè è intorno almeno alla boa del mezzo del cammin. Troppo diretta è l'empatia che si crea con il protagonista per non sentirsi coinvolti. E a vent'anni non ci si crede che la vita va davvero così.
I temi affrontati sono messi in fila in maniera spietatamente lucida: nell'infanzia si scopre il proprio corpo, nell'adolescenza i timori e il fascino della condivisione con gli amici, nella giovinezza è tutto un fiorire di esperienze sessuali, la mezza età non lascia quasi traccia (se non ci sono problemi di salute), la vecchiaia è un lungo cammino verso la fine.
Arguto, ironico, osservatore, amante del dettaglio e della frase pungente, Pennac non finisce mai di stupirmi.