lunedì 1 settembre 2014

I Clienti sono saggi

Molto interessante questa citazione [fonte] di Jan Koum, CEO di Whatsapp, risalente all'aprile 2014:
There’s not enough money and not enough celebrities in the world to convince people to use a shitty product. People are so savvy these days. People expect a good user experience.
Perché non solo viene dato il giusto peso all'utente, come ormai è prassi in qualsiasi intervista a manager di livello, ma gli viene riconosciuta la saggezza propria di un consumatore facente parte di un mercato maturo. Ormai il consumatore è in grado di usare e giudicare un prodotto senza troppi condizionamenti da parte degli esperti amplificati dai mezzi di comunicazione.


domenica 31 agosto 2014

ChievoVerona - Juventus 0:1

Provo sempre una piccola e diversa emozione alla prima giornata di un Campionato di Serie A: non tanto perché il calcio "mi sia mancato" (è impossibile, visto che praticamente non si ferma mai), ma perché è il momento nel quale vengono azzerate tutte le chiacchiere, le opinioni, le considerazioni del Calcio-Mercato estivo. Si tratta del momento della verità, del momento in cui giocatori che fino a ieri indossavano una maglia e che mai avresti pensato che potessero cambiarla te li ritrovi in campo con le righe verticali invece che orizzontali (nel caso della Juventus, il dissapore nel vedere Allegri sulla panchina bianconera è ancora intatto).

30/08/2014, fischio d'inizio Della Serie A TIM 2014/2015: il Bentegodi di Verona è un campo infame già alla prima giornata, indegno di uno sport professionistico, con zolle che si staccano dal fondo sabbioso con una facilità disarmante. Albertini, Tavecchio, Optì Poba, diritti televisivi milionari e tutte le polemiche estive si schiantano addosso alla superficialità con cui viene affrontato un aspetto tanto importante del gioco del pallone. Tutti rimandati!

Per tifosi, giornalisti e addetti ai lavori l'osservato speciale è senza dubbio Massimiliano Allegri, scrutato e vivisezionato in ogni suo atteggiamento fin dall'inizio del riscaldamento. Dopo le brucianti polemiche estive, subito affievolite dalla tournée asiatica che ha portato i bianconeri dall'altra parte del mondo sottraendoli agli sguardi attenti dei tifosi più accessi, è comunque ben percepibile e pronta ad esplodere la diffidenza verso il livornese. Dimenticare la grinta e il magnetismo di Antonio Conte non sarà semplice, neppure se si otterranno ottimi risultati sportivi (non necessariamente vincere lo Scudetto, ma lottare fino alle ultime giornate e superare il girone di Champions li considererei già un risultato molto buono).
Alcune differenze già notate. Innanzitutto Allegri parla e si infervora più con il suo staff che lo accompagna in panchina che con i giocatori in campo; non lo si vede mai al limite dell'area riservata al tecnico proteso urlante verso i giocatori a portata di voce per incitarli, correggerli, indicargli cosa fare; solo sopracciglia aggrottate per l'insoddisfazione, rughe sulla fronte a testimoniare alcuni passaggi poco graditi; lo stile non è quello del suo predecessore, facciamocene una ragione.
In secondo luogo, considerazione più prettamente tattica, mi è sembrato che una delle caratteristiche del gioco di Conte sia già stata dimenticata. Parlo dell'assurda ma ricercatissima volontà della difesa di uscire palla al piede in qualsiasi situazione, anche la più critica, senza effettuare un rilancio lungo a metà campo. Fino all'anno scorso era da far tremare le vene ai polsi la complicata la manovra difensiva, con Chiellini e Bonucci intenti a scartare gli attaccanti avversari pur di far ripartire l'azione con le spalle rivolte alla propria porta, per mantenere una corretta visione del campo e del piazzamento dei compagni. Nell'esordio di Allegri questo non succede: Buffon ha più volte rilanciato "alla spera in dio" dopo aver ricevuto il retropassaggio da Barzagli o da Ogbonna.

Ma veniamo alle novità e alle conferme del campo.
Dieci/undicesimi della squadra che scende in campo è composta da giocatori della rosa confermati dall'anno scorso. L'unica novità è rappresentata da Kingsley Coman, diciottenne parigino strappato con una delle (ormai) solite manovre di Marotta al PSG, di quelle che quando le fanno le squadre straniere nei nostri vivai le consideriamo un furto legalizzato degno della forca mentre se sono dei nostri dirigenti sono dei grandi colpi lungimiranti. Il ragazzo ha giocato un esordio davvero notevole: solo là davanti, con il solito Tevez che arretra su tutto il fronte offensivo per andare a prendersi i passaggi dei compagni, non si fa intimorire dagli esperti difensori del Chievo. Si propone, lotta sulla palla, ha delle buone intuizioni sulla profondità, dimostra ottima tecnica, indirizza bene il pallone verso la porta. Certo, l'avversario era il Chievo Verona, che ha dimostra ieri di essere una squadra candidata alla retrocessione (oppure che la Juventus è di un altro pianeta, ma ne dubito), però aspettiamo conferme dal parigino con la cresta (un altro!).
Si confermano infaticabili mastini e in già ottima forma Vidal (partito però alla grandissima anche lo scorso anno e poi perso negli ultimi mesi), Lichtsteiner (ormai un'ala di livello internazionale), Tevez (che sinceramente preferirei rimanesse più vicino alla porta) e Pogba (ottima l'intuizione di Massimo Mauro in telecronaca di paragonare le sue movenze a quelle di Van Basten).

La Juventus ha dominato la partita per almeno 80 minuti, con solo una breve flessione verso la metà del secondo tempo, quando Maxi Lopez e Schelotto (che tornava a centrocampo dopo le azioni d'attacco respirando affannosamente piegato sulle ginocchia) sembrava che avessero trovato il bandolo della matassa contro uno smarrito Bonucci. Quasi tutto troppo semplice, con due traverse, un palo e almeno altre 7/8 azioni da rete limpidissime e un autogol a spianare la strada al 6° del primo tempo. Sembrava quasi un'amichevole.
Buona la scelta di Corini dalla panchina gialloblu: mai andare all'attacco disperato, anche a 20 minuti dalla fine il Chievo è stato ben coperto sulla difensiva, abbandonando un po' i suoi attaccanti, ma evitando alla Juve di dilagare in contropiede. Si sperava in un'azione isolata, che c'è stata, con Maxi Lopez scivolato malamente (ma il campo è "suo!") al momento del tiro solo davanti a Buffon. Buona la parata dell'estremo difensore (la si può smettere però di dire che è il "migliore del mondo", visto che non lo è da anni?).

Due note para-tecniche per chiudere.
Le scarpe fluo di tutti (tutti!) i giocatori non si possono vedere: con SkyGo sfrigolano sullo schermo in un'unica macchia di colore indistinto che sembra che i calciatori abbiano delle luci di segnalazione ai piedi. Nike, ripensaci!
Il Chievo Verona mi è sembrato avesse sul retro della maglia, sotto il numero, un secondo sponsor (oltre alla scritta chievoverona): da quando è permesso?

Curiosità: lo stadio di Verona, il Bentegodi, ha la copertura delle tribune rivestita di pannelli solari, l'impianto più grande d'Italia utilizzato da una struttura sportiva (http://portale.comune.verona.it/nqcontent.cfm?a_id=22029).

lunedì 2 giugno 2014

Indy!

A 19 anni di distanza (1989-2008) risorge la saga di Indiana Jones con il 4° film Indiana Jones e il regno dei teschi di cristallo. Per tutti gli appassionati della prima ora, nel frattempo cresciuti e imbiancati, era un tuffo nell'ignoto e, memori dell'operazione Star Wars, si chiedevano: sarebbero riusciti a non far rimpiangere la trilogia originale?

Ma Spielberg e Ford non hanno deluso. Ce l'hanno fatta!
Pur con una tecnologia che ha permesso un finale hollywoodiano e che rende quasi infantili gli effetti speciali degli anni 80, gli ingredienti sono rimasti gli stessi e hanno sfornato un ottimo piatto.

L'umorismo tipico della "famiglia Jones", a cui si è aggiunto un figlio, fatto di battibecchi ed espressioni da folli; gli inseguimenti e i combattimenti che uniscono follia e una sana voglia di prendere in giro le seriose analoghe scene di altri film; il gusto per una scenografia vecchio stampo fatta di ragnatele, serpenti, meccanismi di apertura e chiusura di passaggi segreti, formiche, ragni; un nemico al servizio di un'idea di superiorità fisica e spirituale degli antichi da sfruttare per il proprio regime (nazista prima, stalinista ora).

E poi splendide le evidenti citazioni di se stesso: l'apertura con l'indugiare sul cappello (e il conseguente finale con un apparente cliffhanger subito smentito nella conclusione della scena) prima dell'inquadratura su Indy; la fobia dei serpenti quando è l'unica speranza per salvarsi (dalle sabbie mobili); la scena in cui sta tenendo lezione, con le ragazze che lo guardano estasiate... e tanto altro.

Un bel film quindi, consigliato a chi è appassionato della saga, da vedere dopo un veloce ripasso dei precedenti. Ancora una volta: grazie Steven!


domenica 4 maggio 2014

La vitalità delle squallide periferie

Sono molti coloro i quali inorridiscono di fronte alle distese di capannoni industriali, centri commerciali con architetture improbabili, cavalcavia dalla struttura fantasiosa, ville e villette con annessa fabbrichetta che costellano la Pianura Padana (ma in generale tutto il centro-nord italiano). 

Eppure questo è sintomo di vitalità, di sviluppo economico, di mobilità di uominimercidenaro. I paeselli splendidamente ristrutturati e condannati a una lucida morte dalle  sovrintendenze li lasciamo a chi crede di potersi permettere di vivere aspettando i soldi dei turisti che non si stancheranno mai di visitare vicoli ciottolosi. 

Non propugno una distruzione del passato e dei musei in stretta assonanza al pensiero futurista di quasi un secolo fa. Ma un sano equilibrio tra conservazione e  sviluppo fa ricercato

sabato 22 febbraio 2014

La Sacra Famiglia: Recensione

La Sacra Famiglia, traduzione incomprensibile dall'originale All Families Are Psychotic, è un libro di Douglas Coupland. E contiene tutto quello che ci si aspetta che contenga un libro di Coupland: personaggi oltre l'assurdo, pochissima verosimiglianza con una possibile realtà, estremizzazione di quasi tutto quello che è possibile rendere parodia.

Canadese che guarda all'America poco distante come luogo di sogno e di ribrezzo, Coupland ambienta anche questo racconto in terra statunitense, con i personaggi che mettono spesso in luce la differenza con la terra degli aceri (e Vancouver). La Florida è dipinta a tinte brutalmente solari e il passaggio nella nostra Milano (dove viene posta una clinica della fertilità unica al mondo) la tratteggia come luogo desolatamente futuristico e tristemente novecentesco. Non risparmia niente e nessuno Coupland, neppure le splendide Bahamas, descritte come prigione dorata con tendenze moschicide.

Il libro è debole, inutile negarlo. Poco articolato e saltellante nella trama, poco ispirato nella costruzione dei personaggi, finanche banale nell'indicare malattie e difetti della famiglia protagonista: il padre è un perdente donnaiolo, le fidanzate sono psicotiche (appunto!), la madre è saggia con una vena di follia,la figlia perfetta ha un difetto fisico che non le impedisce di diventare astronauta, i fratelli occupano un infimo grado nella scala sociale americana, il miliardario pazzo che gioca con i geni umani.

Coupland ha fatto di più e di meglio.